22 lug 2009

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21 lug 2009

COMUNICATO STAMPA del 21/07/09

Piano Casa del Governo - Il SICET: non incontra la domanda, serve una risposta diversa, con più edilizia residenziale pubblica

“Sarebbe una manna avere 100 mila alloggi di edilizia residenziale pubblica in 5 anni ma purtroppo non sarà così”. Questo il commento di Guido Piran Segretario Generale del SICET alla firma del DPCM sul Piano Casa, da parte del Presidente del Consiglio Berlusconi. Continua il Segretario del SICET: “il Piano non è quello degli ampliamenti in edilizia bensì l’avvio di un percorso finanziario che costituendo un sistema di fondi immobiliari, a livello nazionale e regionale, assieme ad agevolazioni urbanistiche, edilizie e fiscali allo scopo di immettere sul mercato un’offerta in affitto a canoni di mercato e abitazioni destinante alla vendita. Un insieme di prodotti immobiliari di cui il mercato già abbonda e che non riesce a collocare. Il fallimento di molte società del settore ne è un esempio, i dati sull’invenduto un altro ”. Piran ricorda che il peggioramento delle condizioni economiche nel Paese colpisce duramente chi vive in affitto. “Il Governo fa altro rispetto ciò che serve. E’ urgente dare una soluzione al milione di famiglie che vive nella precarietà abitativa. 650 mila richieste di casa pubblica, 150 mila sfratti e 350 mila domande di contributo nelle locazioni. Sono anziani, monoreddito, giovani ed immigrati”. La strada da intraprendere difficilmente può essere quella di un superamento del modello di welfare abitativo basato sull’edilizia pubblica a canone sociale passando ad un sistema di società immobiliari finalizzate all’investimento finanziario che non ha alcun nesso con la domanda sociale della casa.“Chiediamo con forza” conclude il Segretario del SICET che il Governo, prima di partire con gli strumenti operativi del Piano: gli accordi di programma, apra un confronto coinvolgendo i Sindacati, le Regioni, i Comuni e gli ex IACP”.

3 lug 2009

IN ITALIA C’E’ FAME DI CASE MA 5 MILIONI SONO VUOTE

articolo di Guido Piran, Segretario Generale Sicet
pubblicato sul quotidiano "Avvenire" del 3 luglio 2009

Sempre più case senza persone e sempre più persone senza casa. Sembra un paradosso ma in Italia la situazione abitativa è questa con oltre 5 milioni di alloggi vuoti. Negli ultimi 10 anni si è costruito molto nel settore residenziale ma allo stesso tempo sono aumentanti a livelli preoccupanti le famiglie che stanno perdendo l’alloggio.

Il prossimo 30 giugno era prevista, slittata al 31-12-2009 la scadenza dell’ultima proroga sugli sfratti: l’ennesima di una lunga serie. Questa riguarda esclusivamente gli inquilini più deboli e solo per i provvedimenti per finita locazione che rappresentano il 10% del totale. Questo sistema di tutela non opera in tutto il Paese ma solo nei comuni capoluogo di provincia, in quelli confinati con più di 10 mila abitanti ed in quelli definiti ad alta tensione abitativa. I soggetti deboli per il blocco sono le famiglie con reddito imponibile inferiore a 27 mila euro annui con la presenza di ultrasessantacinquenni, invalidi, malati terminali portatori di handicap e nuclei con figli a carico. Durante la sospensione gli inquilini oltre al canone debbono pagare anche una maggiorazione del 20%.

I primi dati del Viminale di analisi del problema, ancora parziali mancando all’appello ancora molti provvedimenti, segnano una forte crescita del fenomeno. Nel 2008 gli sfratti convalidati sono stati quasi 54 mila, il 17% in più rispetto al 2007. Quelli eseguiti: 25 mila con + 11% in più e le richieste di esecuzione salite del 26% sono quasi 140 mila. Purtroppo a parere del SICET questi dati già drammatici sono destinati a salire ancora per il 2009 con una stima tra il 20 e il 30%. Analizzando alcune città. A Venezia, gli sfratti emessi salgono del 261%. In Emilia, Modena vede un + 50% delle richieste di esecuzione. Mentre a Roma il medesimo dato tocca quota 53 mila che segna un + 171%. Dati preoccupanti a Napoli con 1800 esecuzioni di sfratto e la Puglia dove l’emergenza è più marcata con aumenti a tre cifre. Palermo e Catania ai primi posti in Sicilia con rispettivamente 1700 e 2400 sfratti.

Questo fenomeno della morosità è il risultato dell’assenza di politiche strutturali ai vari livelli istituzionali sull’offerta abitativa e la continua introduzione di norme contingenti ed emergenziali ha solo spostato in avanti il problema complessivo della casa senza, salvo qualche sporadico tentativo, affrontarlo in maniera strutturale.

Infatti la questione degli sfratti deve essere analizzata in un contesto più generale che riguarda complessivamente la questione abitativa. Il quadro è legato al fortissimo differenziale tra la domanda di un alloggio da parte delle famiglie più deboli del Paese sul piano economico e l’offerta attuale, completamente slegata da queste dinamiche, essendo ancorata esclusivamente alle richieste di rendimento che ha il mercato.

I problemi sono quelli dell’edilizia pubblica in cui si va a collocare la domanda di alloggi dei nuclei più deboli 650 mila ogni anno e la cronica assenza di risposta. Gli affitti privati che presentano un modello duale liberistico-contrattuale dove le condizioni normative e di convenienza fiscale fanno prevalere il primo. Ed è in questo settore che sono rappresentate le maggiori disfunzioni del sistema dove, nello sfratto, è assente qualsiasi modello di accompagnamento sociale. Gli inquilini sfrattati vengono lasciati a se stessi, salvo pochi fortunati in cui il comune abbia le condizioni di trovare una soluzione.

Nella crisi è cresciuta l’incidenza dell’affitto sul reddito delle famiglie che nelle città metropolitane vede una percentuale che va tra il 50 e il 70% e conseguentemente lo strumento del fondo sostegno per la locazione è sempre più inefficace. I motivi sono legati ad una fortissima riduzione dell’intervento statale che in 10 anni ha visto dimezzare i finanziamenti. Ma anche il ruolo di comuni e regioni, tranne qualche caso virtuoso come quello Lombardo, ha visto questi enti assenti nel cofinanziare il sistema, oltre a tempi di erogazione biblici, in ritardo di parecchi anni.

La questione complessiva degli sfratti e del sistema dell’affitto penalizza pesantemente le famiglie italiane. Ricordando che nel settore dell’affitto sono collocate quelle con i redditi più bassi: oltre il 66% ha un reddito familiare inferiore a 20 mila euro annui. La morosità aumenta in un sistema di mercato che negli ultimi 10 anni ha visto crescere i canoni del 135%. Con un canone medio per una locazione in essere di 750 euro mese e una richiesta media del mercato di 1.150 euro mese.
Ma il problema della casa e i redditi in forte diminuzione stanno penalizzando in particolare i giovani e gli anziani. Per i primi, con le difficoltà nell’entrata nel mercato del lavoro, non è ipotizzabile una casa in proprietà. Ma il caro affitti non gli consente poi di costruirsi un progetto di vita autonomo dai genitori, attraverso una nuova famiglia, ma nemmeno di realizzarsi sul piano professionale, in quanto nei territori a maggior disponibilità di occupazione, i canoni raggiungono livelli pari o di poco inferiori ai salari percepiti. Per la media dei pensionati l’affitto poi rappresenta la maggior difficoltà, impedendo loro di poter condurre una vita serena e dignitosa. Moltissimi gli anziani che ogni giorno si trovano con il dilemma tra risparmiare per l’affitto o poter acquistare la spesa. Lo sfratto rappresenta per loro sempre un dramma che anche nel caso di soluzione li segna per il futuro. Ma anche per le famiglie in crisi che si separano la casa è una difficoltà insormontabile con la necessità di riuscire a trovare per il coniuge non assegnatario una abitazione accessibile al reddito.

La motivazione principale dello sfratto si è completamente rovesciata negli ultimi 10 anni. Dalla necessità del proprietario e dalla finita locazione si è passati oggi alla quasi totalità per morosità. Su questo fenomeno è necessario che Governo e Parlamento si interroghino per comprendere la trasformazione avvenuta, con un mercato dell’affitto non regolato che ha impoverito oltre 5 milioni di famiglie italiane e che oggi con la crisi non sono in grado di poter pagare gli affitti privati richiesti. Ed è su questo che oggi bisogna intervenire. Non basta solo una proroga degli sfratti che sposti ancora una volta il problema di sei o dodici mesi e solo per qualche migliaio di famiglie indigenti e malate. Intervenire seriamente significa che in una fase eccezionale dell’economia servono anche negli sfratti misure eccezionali. La proroga deve essere allargata anche alla morosità altrimenti non serve a nulla. Vanno poi programmati interventi strutturarli sulle politiche abitative. Per ridurre gli sfratti serve una nuova legge sulle locazioni private che abbia come modalità contrattuale quella del canone concordato. Accompagnata dalla detrazione del 50% del canone per l’inquilino, con una fiscalità di vantaggio per il proprietario attraverso una tassazione unica dei redditi da locazione. Deve poi essere allargata l’offerta delle abitazioni di edilizia residenziale pubblica con un programma pluriennale, iniziando dall’immediato trasferimento alle regioni e ai comuni dei fondi per l’emergenza abitativa per gli sfrattati: i 550 milioni di euro previsti nel 2007 con la legge 9, che efficacemente coniugava sospensione dei provvedimenti e programmazione delle soluzioni abitative. Serve anche una inversione al taglio dei contributi per l’affitto con una dotazione di almeno 500 milioni di euro.
Solo una serie di misure di contrasto al disagio abitativo come quelle indicate potrà permettere al Paese di non dover discutete tra sei mesi ancora di una proroga degli sfratti e iniziare a superare l’emergenza abitativa.